Ciascuno di noi deve cercare la Verità a modo suo – Intervista a Paola Russo

Paola Russo è una giovane scrittrice svedese-italiana che vive e lavora a Stoccolma, anche se spesso e volentieri visita l’Italia.
Se consideriamo la sua giovane età la produzione di Paola  ha dello stupefacente: dal suo primo romanzo En säck full av Gud (Un sacco pieno di Dio) attraversando i notevoli viaggi filosofici e narrativi, fino a giungere alle favole, da lei anche disegnate, dei libri su Griskaninenquesti libri sono la prova di una grande profondità e di una qualità narrativa notevoli. Paola Russo è timida, e non è ancora nota al pubblico italiano. È per questo che ho voluto incontrare Paola Gemma Francesca Russo per un’intervista (che è apparsa qualche settimana fa in svedese su Tidningen Kulturen)
 

Da dove nasce il tuo desiderio di scrivere. Si tratta di una vocazione?

Mi è sempre piaciuto scrivere. Ho sempre sentito che la parola scritta era il mezzo di espressione principale per me, una specie di dono di cui potevo più facilmente disporre. Così va bene la parola vocazione ma nel senso di necessità, qualcosa di irrevocabile: scrivere per poter raccontare. 

Un sacco pieno di Dio è del 2009, a me pare una vera e propria saga, saga nel senso etimologico della parola che significa racconto (e mito) un lungo racconto sulla tua famiglia italiana. Qualcuno, un critico, ha voluto paragonare il libro ai Buddenbrook di Thomas Mann. Accanto a questo paragone, se proprio bisogna farne uno mi viene in mente La Terrazza di Ettore Scola, generazioni tra loro diverse, la stessa città, ma i patriarchi sono diversi.

Un sacco pieno di Dio l’ho scritto in tre mesi, e si basa su persone e storie reali, racconti sui parenti di mio padre. Persone che ho conosciuto direttamente. Ma anche generazioni che non ho mai incontrato. Mi pare che sia una mia caratteristica poter scrivere romanzi epici con tanti personaggi e una immensa possibilità di raccontare.
La città è, come tu stesso dici, molto importante. Dove lo spazio, nonostante ciò che incessantemente scompare, resta uguale a sé stesso. Grazie ai propri ricordi. Un romanzo che per me è stato un piacere scrivere e che tuttavia a tratti può sembrare pesante. Un addio, un resoconto. Ricordo la settimana dopo averlo scritto di aver vagato qui e là, senza meta, piangendo di tanto in tanto, questo quando mi sono resa conto che questi vecchi parenti che a volte avevo visto solo su fotografie ingiallite dal tempo in un album scuro, quelle persone un tempo in carne ed ossa, sono simili a me, a me che un giorno sarò simile a loro, sulla carta, in un vecchio album.

 Romanzo epico senz’altro, dove tu mostri comunque una vera passione per il raccontare. La cosa è abbastanza sui generis in un epoca come la nostra dove l’arte del racconto si riduce a libri sempre più brevi che non “raccontano” nulla.

Raccontare è per me più importante che giocare con il linguaggio, che esperimentare con le parole. Dietro tutto questo c’è anche la spinta ad andare oltre tutto quello che appare semplice e già scontato. Scrivere un romanzo con un io narrante, il raccontare meno epicamente, qualcosa di meno totalizzate e con un numero minore di personaggi, forse sono cose interessanti. Tuttavia per me è infinitamente più divertente costruire questi grandi racconti, le saghe, lo spessore di quello che scrivo mi appaga maggiormente, lo strabordare delle parole mi dà piacere. È un a questione di carattere in fondo. Io amo il barocco.

È ancora possibile scrivere i grandi romanzi? Il tempo dei grandi racconti pare finito grazie al postmodernismo…

Tutto è possibile. Altrimenti scrivere non avrebbe senso. Mettere su barriere prima di iniziare a scrivere non è possibile. Ma si certo, è possibile scrivere Il Grande Racconto, ci sarà sempre posto per queste cose. Basta soltanto averne il desiderio, il tempo e la capacità per scriverlo.

L’armonia tra cuore e ragione è ancora possibile?

Assolutamente. Lo ripeto, si realizza tutto ciò che si sa realizzare. Se si è davvero interessati a scoprire il perché del nostro passaggio terreno ed inoltre si è convinti di avere come missione lo scrivere romanzi, allora tutto è possibile, o deve diventare possibile. Se questo poi è puramente una convinzione personale non ha nessuna importanza. Il pensare che le cose siano “impossibili” è una forma di autolesionismo, un’auto-amputazione ed un ridimensionamento della vita e del significato di se stessi.

Con il romanzo Höstsaga (Saga d’autunno) ma anche in qualche modo con Vitas un altro romanzo, continui a scrivere magnifici e intricati racconti. Adesso però la città non è più Roma ma Stoccolma e Tegnérlunden. Vitalità e gioia del raccontare sono tuttavia sempre intensissime. Mi sembra che per te la vita e la morte siano due aspetti della stessa realtà e che la gioia di ieri sia l’altra faccia del dolore di oggi.

Tutto contiene tutto. Ogni cosa “è” tutte le cose e ogni racconto, ogni personaggio mi insegna qualcosa di più su me stessa.  Poi naturalmente lo sforzo per rielaborare il dolore è grande e dura tutta la vita. Un lutto incessante che si certo, può essere difficile da vivere ma è anche meraviglioso, e sempre, sempre vitale. Dolore è vita.

Vitas, se me lo consenti, è un romanzo metafisico dove tu mostri diverse realtà che però abitano la stessa persona. Un viaggio verso il paese dell’anima in compagnia della natura.

Vitas è una storia dove Natura ed Essere Umano in un certo senso gareggiano a vicenda per conquistare l’egemonia l’uno sull’altro. Ma anche le strade e i mari pensano, il punto di partenza l’ho trovato in Lucrezio e nel suo De Rerum Natura. L’incessante tentativo dell’essere umano di cercare di comprendere razionalmente ciò che sa di non poter mai capire. Questa consapevolezza di essere in qualche modo ciechi a me pare interessante, fruttuoso ed è il punto di base delle nostre più o meno frustranti relazioni con l’esistenza. Nuotiamo febbrili in circolo nello stesso bicchiere. E ciascuno di noi è sia il bicchiere, sia chi ci nuota dentro. Ma questo non è possibile comprenderlo razionalmente.

Dio o la sfera spirituale non è mai un cliché in quello che scrivi, tuttavia in questa società così secolarizzata, dove soltanto il termine Dio è diventato una forma di blasfemia, le tue descrizioni caste e luminose sono il segno di una psicologia del raccontare che mai interpreta o traduce ma che lascia che ciò che è necessario si mostri…

A me non piace abbindolare o prendere per il naso sia la gente che me stessa, neanche le mie stesse convinzioni. Sarebbe una cosa veramente triste e limiterebbe ogni possibile discorso. Dio e spiritualità non possono essere dei cliché, quindi tutto si riduce al fatto che ciascuno di noi deve cercare la Verità a modo suo.  Onestà e genuinità é quello di cui disponiamo. Ma, come disse qualcuno, “si può essere genuini e stupidi allo stesso tempo”.
Probabilmente mi sbaglio su tutta la linea per quanto riguarda le mie convinzioni, ma la cosa non è affatto interessante, io devo scrivere ciò che per me è interessante, io devo scrivere la mia verità. 
Certo che mi capita di interpretare e tradurre a mio modo la realtà delle cose, ma non ho mai preteso di avere ragione, indico unicamente una possibile direzione.

Non mi stupisce che tu abbia iniziato a scrivere ed a illustrare libri per bambini. Tuttavia racconta qualcosa di più per i nostri lettori.

Si, cerco di scrivere ed illustrare io stessa questi libri. Nel disegnare trovo una possibilità di relax che non trovo nello scrivere, qualcosa di semplice e diretto. Non posseggo nessuna tecnica, io disegno a volte come una bambina e non ho nessun desiderio di migliorare il mio stile.
Griskaninen Fleecepappan och Farfar … quello che è sorprendente è che i bambini si divertono e li apprezzano. Che poi non vadano in libreria a comprare i libri non è una cosa che mi preoccupa più di tanto. Prima o poi lo faranno.

Lavori ad un nuovo libro?

 Ho un romanzo giovanile che esce a settembre per la casa editrice Mormor Underjordens hemlighet (Segreti dal sottosuolo).  Speriamo che venga accolto bene. Anche perché vorrei scriverne il seguito più tardi quest’inverno.
Poi ho intenzione di provare a scrivere un romanzo che abbia al centro un io-narrante, qualcosa che, immagino, sarà per una come me emozionante da scrivere.
L’importante è non cercare la via più facile, l’importante per me è continuare ad essere onesta con me stessa. Tutto il resto non dipende da me.

Intervista a cura di Guido Zeccola