A Camilla la spesa è autogestita


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Nasce in questi giorni a Bologna il primo market d’Italia dove la grande distribuzione è assente e il consumatore è anche socio-lavoratore

Un po’ di storia

 A Brooklyn, New-York, nel 1973, un gruppo di persone ebbe l’idea di aprire un negozio di alimentari in cui i clienti fossero allo stesso tempo proprietari. Qualche turno di lavoro ogni quattro settimane e un risparmio sul prezzo dei prodotti, per costruire un’alternativa al supermercato. Più di 40 anni dopo, The Park Slope Food Coop è una cooperativa solidale con 17 mila adesioni. La missione iniziale “buon cibo a basso costo per i soci lavoratori” traversa ora l’Oceano ed approda in Europa.

Da un’indagine che risale al 2013, fatta dall’Autorità garante della Concorrenza e del Mercato, il 72% dei prodotti di uso comune in Italia è veicolato dalla Grande Distribuzione Organizzata. Le catene della distribuzione hanno monopolizzato le filiere alimentari trasformandole in monoculture e in produzioni industriali. Tutto ciò ha comportato gravi conseguenze: dal danno economico subito dal produttore non allineato ai protocolli della GDO fino alla riduzione dei salari e dei posti di lavoro; a cui si è aggiunto il deturpamento ambientale dovuto alle culture intensive.  Per non parlare dell’impoverimento culturale del consumatore medio nell’acquisto del cibo, ormai abituato a comprare una confezione di pomodori senza chiedersi quale percorso abbiano affrontato prima di essere esposti nel reparto ortofrutta.

Già negli anni ’90 nasce in Italia una reazione e si creano i GAS, Gruppi di acquisto solidale. I Gas accorciano la filiera tra contadini locali e consumatori e favoriscono il cibo biologico. Ma i prezzi sono elevati e un’inchiesta fatta dall’Università di Bergamo sui GAS attivi in Lombardia mostra che solo il 4,4% degli operai e il 2,7% dei disoccupati rientra fra i gassisti

E´cosí che si costituisce, il 21 giugno scorso, a Bologna , Camilla, la cooperativa  Camilla, che ha 50 soci fondatori.

La differenza tra un emporio e un supermercato<+

Camilla non si pone alcun scopo di lucro ma è una comunità di ricerca delle nuove economie, ispirata all’autodeterminazione alimentare dei popoli e in sostegno all’agricoltura contadina e biologica.

“Camilla sarà uno spazio dove ognuno potrà sentirsi parte di una comunità e in cui anche chi non dispone di un reddito economico elevato potrà accedere al consumo di cibo genuino e biologico.

Secondo il patto sociale di autogestione, ogni socio svolge le attività necessarie al funzionamento della cooperativa a titolo gratuito (tre ore di lavoro al mese) e versa una quota di 125 euro per formare il capitale sociale. Chi si impegna in una delle mansioni a scelta della cooperativa ottiene gratificazioni relazionali e personali. M anche economiche perché il prezzo dei prodotti scende grazie a questo meccanismo. Ci sono già 420 adesioni ma se ne vogliono coinvolgere altre.

“Nell’emporio verranno distribuiti beni di consumo provenienti dalla filiera corta, da realtà sorte per contrastare esperienze di sfruttamento nelle campagne del Sud Italia o prodotti collocati nelle reti del commercio equo e solidale. Sugli scaffali della bottega ci saranno certamente le arance di Sos Rosarno e il Ri-Moncello ottenuto con i limoni della piana di Gioia Tauro. O ancora il caffè Tatawelo importato dalle comunità zapatiste del Chiapas”.

“Ci auguriamo, dice Giovanni Notarangelo, uno dei soci fondatori, che l’esempio dell’emporio autogestito possa ben presto essere imitato da altre esperienze sparse lungo lo Stivale. E se questo accadrà, saremo ben lieti di offrire il nostro sostegno”,

(Estratto dal lungo articolo di Alessia Manzi che si può leggere su Il Manifesto del 21.06.2018)