Con i tagli ai patronati, la spending review del Ministero del lavoro la pagheranno i cittadini
Intervista con Morena Piccinini, presidente Inca
“Pur ringraziando il Senato per l’iniziativa che ha assunto e la determinazione con la quale è riuscito a ridurre il taglio dei fondi ai patronati da 48 a 28 milioni di euro, chiediamo alla Camera e al Governo di fare uno sforzo ulteriore perché, in ogni caso, anche questa misura rimane di una entità intollerabile, che renderebbe l’attività di questi istituti decisamente molto più difficile nei confronti delcittadino sul quale ricadrebbero gli effetti”. E’ quanto sostiene Morena Piccinini, presidente Inca, in questa intervista.
Esperienze: Cosa chiedete al Parlamento?
Piccinini. “Noi chiediamodi eliminare totalmente qualsiasi ipotesi di riduzione e di daretempo ai patronati di organizzarsi coerentemente con gli impegni assunti nel 2015. Peraltro, il taglio dei 28 milioni di euro si prefigurerebbe per il 2016 come taglio di cassa, ovvero andrebbe a incidere su un’attività già svolta, sul lavoro già fatto, con effetto retroattivo e, contemporaneamente, andrebbe a finanziare i tagli che il Ministero del lavoro è tenuto a fare in nome della spending review, appropriandosi, a quel punto, di soldi non suoi, ma dei patronati. Un intervento inaccettabile, perciò che potrebbe rivelare addirittura qualche dubbio di incostituzionalità. Lo verificheremo sicuramente con chi è più competente di noi, ma il dato incontrovertibile è che il taglio strutturale influisce su un’attività già fatta; e tutto questo è intollerabile”.
Esperienze: A che punto sono i finanziamenti?
Piccinini. “Noi lavoriamo sapendo a priori che incasseremo solo a distanza di anni, con tempi che si dilatano sempre di più. Allo stato attuale, non abbiamo ancora avuto il saldo del 2012 e non sappiamo neanche se entro la fine dell’anno avremo gli ulteriori acconti del 2013 e del 2014. Non solo. Il Ministero ci ha comunicato che, siccome le ispezioni non sono ancora terminate, non sanno se riusciranno a mettere in pagamento il saldo del 2012. Eppure sono passati tre anni da quando abbiamo lavorato. Non è possibile che i tempi delle ispezioni si dilatino così all’infinito. In passato, le ispezioni cominciavano un anno dopo sul lavoro dell’anno precedente. Adesso siamo già arrivati ad un ritardo di oltre tre anni. Stiamo valutando con i nostri avvocati se ci sono le condizioni per adire le vie legali. Queste osservazioni le abbiamo illustrate agli stessi parlamentari in modo tale che possano rivolgersi al Governo per far comprendere la gravità di quello che sta succedendo. E’ evidente che, qualora non ottenessimo risultati significativi, quali la riduzione o la cancellazione del taglio al fondo, verificheremo anche la possibilità del ricorso legale.
Esperienze: Nel frattempo, il ministero ha pubblicato i decreti applicativi per la riforma dell’attività dei patronati..
Piccinini. L’emanazione dei decreti non cancella le ragioni della nostra protesta. Intanto, perché dovevano essere emanati entro il 30 giugno, mentre sono stati pubblicati a novembre, con un notevole ritardo. Inoltre, non aggiungono niente di più rispetto al testo della legge. Peraltro, è stato profondamente scorretto indicare esplicitamente che sono stati sentiti i patronati, quasi a dire che sono frutto di un confronto che, in verità, non c’è mai stato. Il ministero ha incontrato noi patronati una sola volta e in quella riunione di due ore tutti insieme abbiamo sollevato una serie di interrogativi, ai quali non è stata trovata una rispostanei decreti. Anzi, aggiungo che, così come sono scritti, sono impraticabili, perché non determinano un quadro di certezza delle regole necessarie per fare delle scelte consapevoli, senza rischi di cattive interpretazioni. I decreti, per esempio, non specificano come si configura la possibilità di pretendere dai cittadini il pagamento di alcune prestazioni. In essi si parla genericamente di una ipotesi di convenzione con la pubblica amministrazione, compreso il ministero del lavoro e con i soggetti privati per avere un contributo sulle prestazioni. Nei decreti si usano tre terminologie diverse, rimborso spese, contributo, tariffa. Termini che giuridicamente sono uno diverso dall’altro. Nulla si dice, invece, per quanto riguarda tutti gli aspetti fiscali, per noi indispensabili, considerando che siamo degli enti privati di pubblica utilità e dunque sottoposti al pareggio di bilancio, esattamente come sono le no profit. Aspetti non secondari che vanno chiariti prima di qualunque ipotesi di riorganizzazione. Aggiungo anche che nei decreti si definisce un ambito di attività molto vasto in materia, per esempio, di mercato del lavoro, senza nulla precisarein quale modo e con quali relazioni rispetto agli altri soggetti pubblici e privati che agiscono. Eppure, è un ambito che necessita di essere regolamentato. Non si può andare a libera interpretazione, con la fantasia.
Esperienze: Il governo taglia i fondi ai patronati e chiede ai cittadini di pagare le prestazioni?
Piccinini. Certamente. Viene detto esplicitamente che i tagli del fondo patronati possono essere compensati attraverso un contributo che dovrebbe pagare il cittadino. Ecco perché, quando usiamo nella campagna di comunicazione, lo slogan “tutela, te la faranno pagare cara” significa esattamente questo: che si compensa quello che ai Patronati viene a mancare dal fondo (peraltro, alimentato dai contributi dei lavoratori) chiedendo agli stessi lavoratori un altro obolo per ogni singola pratica. Ciò significa che il lavoratore pagherà due volte: prima con i contributi al fondo e poi con il pagamento del servizio. Ebbene, questa non è una soluzione saggia, anche perché non è neppure ben dettagliata, salvo indicare la somma massima che possiamo chiedere di 24 euro a prestazione.
Esperienze: Stando ai decreti, i patronati da gennaio potranno chiedere soldi ai cittadini?
Piccinini. Se qualcuno pensa che il taglio al fondo possa essere funzionale al fatto che da gennaio siamo in grado di agire in una modalità diversa, penso proprio in scienza e coscienza che non siamo in grado di praticare questa soluzione. Lo stesso Segretario Generale della CGIL Susanna Camusso ha predisposto una richiesta di chiarimento al Ministro Poletti, elencando tutti i quesiti e i dubbi che abbiamo sollevato; e sono davvero tanti. Ci aspettiamo, quindi, che rapidamente arrivi una risposta di dettaglio in modo tale che possiamo essere nella condizione di decidere se fare o non fare la scelta di adeguarci a questi decreti, perché potremmo anche decidere di muoverci in modo diverso. In ogni caso dobbiamo sapere quali sono le regole per poter decidere e per poter dare indicazioni in merito.
Esperienze: Quale sostegno avete avuto dai parlamentari impegnati nel voto alla legge di Stabilità?
Piccinini. Sappiamo che stanno facendo di tutto, insistendo per l’abrogazione o al più per una riduzione significativa del taglio al fondo. Speriamo che riescano a convincere anche il Governo quando redigerà il maxiemendamento. E siccome sappiamo che poi verrà sottoposto al voto di fiducia, il nostro auspicio è che l’iniziativa dei parlamentari e le numerose iniziative di mobilitazione territoriale delle nostre operatrici e dei nostri operatori possano convincere chi nel Governo dovrà lavorare al maxiemendamento perché agisca di conseguenza e cancelli ogni ipotesi di riduzione del finanziamento ai patronati.
Esperienze: Quanto al pagamento dei servizi, manterrete il vostro impegno ad una tutela gratuita?
Piccinini. E’ previsto nel decreto. Se non ci sarà un taglio ulteriore è nostro impegno cercare di mantenere la situazione attuale continuando a fare noi tanti sacrifici anche sul piano personale per non rendere onerosi i nostri servizi, perché è proprio fuori dalla dimensione della CGIL, nell’interpretazione del rapporto tra rappresentanza e tutela. Mi rifiuto di tracciare qualunque linea di bilancio fino a che la legge di stabilità non sarà completata e non avremo dato battaglia fino all’ultimo giorno per fare rientrare questi tagli. Quindi, in questo momento non sono in grado di definire in quale condizione potremmo trovarci se i tagli rimanessero. Rischiamo davvero di dover licenziare tante persone e chiudere i servizi. Si tratta di un’alternativa molto dolorosa che non vogliamo praticare.
Lisa Barrtoli