Ricamare una storia. Intervista a Beatrice Alemagna
26/11/2014.
Beatrice Alemagna è nata a Bologna a metà degli anni settanta. Dopo studi di progettazione grafica e comunicazione visiva all’ISIA a Urbino si trasferisce, dopo aver vinto un premio prestigioso, a Parigi. Beatrice ha pubblicato da allora in poi 30 libri e moltissimi dei suoi libri sono stai tradotti in molte lingue. La casa editrice svedese Mirando ha pubblicato due dei suoi libri Vad är ett barn? (Marzo, 2014) Lilla stora Boubo (settembre, 2014) ed in questi giorni è in corso una mostra presso l’istituto italiano di cultura a Stoccolma. Ho incontrato Beatrice Alemagna per un’intervista.
I tuoi libri sembrano raccontare storie per un bambino futuro.
Io scrivo. Ed a secondo del libro che scrivo capisco e decido a quale lettore lo sto dedicando.
Quindi non penso necessariamente ad un bambino anche se tuttavia le mie fiabe interessano i bambini anche quando non sono i diretti destinatari. Forse scrivo ed illustro libri per la parte infantile che c’è negli adulti e per la parte adulta che c’è nei bambini.
Non scrivo libri classici diretti ai bambini, i miei racconti più che oggetti, i libri, sono delle emozioni che possono viversi a secondo la sensibilità di chi legge.
La tua tecnica di racconto e di illustrazione mi ricorda, forse faccio un paragone azzardato Saint-Èxupery e il suo Il Piccolo principe. Ma quale è per te il momento più importante il racconto o le illustrazioni che usi per descriverlo?
Io scrivo una storia, non so se sia la cosa principale me sicuramente è il momento iniziale poi penso alle illustrazioni. Diciamo così: io non so disegnare un gatto, io disegno la storia di un gatto. Credo che il raccontare ed il disegnare siano sullo stesso piano, mi piace scrivere delle parole che suggerisco delle immagini e delle immagini che suggeriscono delle parole, quindi una osmosi tra le due cose dove non c’è una grado di importanza ma entrambi i momenti sono parte dello stesso atto creativo.
Tu sei nata a Bologna ma da molti anni vivi e lavori a Parigi, perché questo esilio?
Ho vinto un premio Figures futures al Salon du Livre et de la Presse Jeunesse avevo ventidue anni. Sono partita per Parigi perché in Francia c’era una maggior attenzione per i libri per bambini che non in Italia siamo alla fine degli anni novanta, e nel 2000 ho vinto il primo dei premi quello al salon du livre, a cui sono seguiti altri il Prix Attention TalentFnac; nel 2002, e poi il Prix Octogones. In Italia i pensava troppo all’americana, il libro per bambini deve essere solo un libro per bambini, invece in Francia ho trovato delle case editrici più aperte alla sperimentazione ed ho deciso di viverci qualche mese. Però poi sono rimasta lì ho una figlia di 4 anni e già sono passati 17 anni. Ho pubblicato decine di libri per Seuil, Autrement et Gallimard e così via. La mia patria professionale è la Francia. Solo nel 2008 decisi di proporre un mio libro ad editori italiani. Gli italiani chiedevo che ero francese, i francesi sapevano che ero italiana, insomma sono stata sempre straniera per qualcuno.
Tra i libri pubblicati in italiano ci sono i tuoi libri francesi o hai pubblicato dei libri nuovi.
Alcune pubblicazioni sono nuove e scritte direttamente in italiano altre sono delle traduzioni.
Ed hai anche illustrato libri di scrittori quali Apollinaire, Queneau, Huxley, Grossman, Dahl, Rodari.
Si. Adesso illustro i miei libri con tecniche diverse, anche con il ricamo.
Tu sai che la Svezia dedica un’attenzione particolare alla letteratura per l’infanzia e questo da sempre. Basti solo pensare ad Astrid Lindgren. Quali sono i tuoi rapporti con la Svezia?
È una bella domanda. Io sono cresciuta con Astrid Lindgren, Pippi Calzelunghe (Pippi Långstrump, 1945), Karlsson sul tetto (Allt om Karlsson på taket, 1955) e Il libro di Bullerby (Alla vi barn i Bullerbyn, 1946) quest’ultimo dimenticato sia in Italia che in Francia. Quando sono venuta in Svezia la prima volta nel 2004 ho visitato tutti i luoghi cari ad Astrid Lindgren o a lei dedicati. Ho notato che qui in Svezia al scuola dedica un particolare interesse al bambino lo vede come soggetto sociale e non solo come un essere da coccolare. Un’altra cosa che mi affascina della Svezia o di Stoccolma è l’architettura. Mi affascinano questi palazzi giganteschi di fine ottocento inizio novecento, anche perché vengo da una famiglia di architetti, in poche parole mi piace molto questo paese e ho chiesto a mio marito se non fosse il caso di trasferirsi qui.
Hai mai avuto l’idea di fare un film tratto dai tuoi racconti?
Io ci ho pensato ma al momento nessuno me lo ha proposto devo ammettere non ho ancora trovato un produttore e quindi dei soldi per realizzarlo. Chissà se qui in Svezia…. Per passare ad altro voglio dire una cosa. Io sono autodidatta, non ho mai studiato illustrazione né disegno, tuttavia ho incontrato tante persone con tecniche diverse. Oggi ho pubblicato quasi trenta libri, dico quasi perché il trentesimo ancora deve uscire. Nei primi dieci libri ho sperimentato molte tecniche quindi i libri sono, nello stile, diversi tra loro. Poi piano piano ho trovato e consolidato il mio proprio stile. Ho avuto la fortuna di incontrare degli editori che hanno avuto fiducia in me prima che io sapessi veramente fare un libro, hanno visto il talento anche se mancava la tecnica. A me non piace, come ho detto, il libro classico. Per esempio Che cos’è un bambino è una riflessione filosofica non è una storia. Ho cercato di invitare il bambino a riflettere sulla sua condizione di bambino, sulla meraviglia di essere bambino. La percezioni di se stessi, come ci si vede grandi e piccoli a seconda delle situazioni.
Il tuo trentesimo libro? Voglio dire il tuo prossimo lavoro…
Il mio prossimo libro avrà un editore americano, tocco legno come dicono i francesi… anche gli svedesi? Si, ma è un libro sulla natura. Io sono innamorata della natura, vivo in una metropoli quindi il mio contatto con la natura è limitato. Voglio sperimentare questa possibilità. E so che qui in Svezia il rispetto per la natura è un valore molto forte.
Guido Zeccola
Bildtext: Beatrice Alemagna Foto Gian-Luca Rossetti